lunedì 31 dicembre 2012

Siddharta Pizzo d'Eghen - Solitaria invernale

L'anno scorso ero sotto a questa parete con Fabiez nel periodo più gelido dell'inverno, questa volta sono da solo e non fa così freddo.
Era tanto che non arrampicavo senza compagno, d'estate avevo provato qualcosa ma con poca convinzione.
Come spesso accade decido di partire all'ultimo momento, il bello delle solitarie è che tutto dipende da te, le decisioni le prendi te, per te, la fatica è tutta tua e la gioia anche.
Con la prima luce risalgo i boschi sopra Primaluna poi quando entro nella valle sotto alla parete, l'ambiente si fa lugubre, carcasse di animali, alberi morti e canaloni spazzati dalle scariche. Cerco di passare via veloce e iniziare a scalare il prima possibile in modo da concentrarmi sulle varie manovre e scacciare i brutti pensieri.
Anche quest'anno lo zoccolo è in cattive condizioni, poca neve non portante ricopre zolle d'erba e placche, salgo non assicurato e ogni sessanta metri recupero il saccone. Pensavo di dormire sulla grande cengia ma poi decido di continuare sperando di trovare un buon posto da bivacco... Salgo ancora cento metri in scarponi tirandomi dietro il sacco poi sotto al sistema di fessure cambio assetto e calzo le scarpette, ora la parete é pulita e verticale, non c'è neve ma il vetrato nelle fessure e la roccia gelida mi danno filo da torcere. Già al primo tiro rimango appeso ad un chiodo per una ventina di minuti a cercare la via, nel complesso è evidente, si seguono le fessure fino in cima ma è nel particolare, nei singoli passi che spesso dubito. Capisco che devo aggirare lo spigolino e salire per le fessure di sinistra, dimentico il secondo capo della corda legato in sosta così spezzo in due il tiro... devo rispolverare tutto il sistema di autosicura! Raggiungo una cengietta dove si può stare seduti poi guardando meglio scovo una grottina dove riesco a sdraiarmi! Perfetto, non potevo sperare in niente di meglio, unica pecca non c'è neanche un po' di neve da sciogliere, solo sottilissimi strati di ghiaccio sulla roccia... provo a recuperare un po' d'acqua da tutto questo vetrato ma il risultato è davvero scarso! Pace, ceno con cioccolata e biscotti e mi trovo costretto a centellinare l'acqua.
Mi aspettano circa tredici ore di buio, davvero tante, troppe.
Appena fa chiaro parto ma ad ogni protezione devo appendermi per scaldare le mani. Per fortuna trovo due stalattiti e mi preparo un tè caldo!
Ora sono sotto al tiro chiave, qualche metro in fessura poi bisogna buttarsi in placca, trovo un chiodo e poco dopo sono nuovamente appeso a scrutare la roccia, quindici metri più su intravedo un altro chiodo ma come arrivarci? A sinistra le placche ondulate vanno a perdersi in mezzo alla parete, sopra di me solo una verticale e compatta placca, provo a chiodarla ma niente, a destra c'è il labbro della fessura che non sembra male però... Sono sempre fermo, mi calo in sosta, devo chiarirmi le idee e salire con un approccio diverso. Torno su e analizzo di nuovo le tre possibilità fino a che sul bordo destro della fessura vedo dei piccoli segni sulla roccia, potrebbero essere dei sassi che cadono, pochi minuti dopo scopro che quei segni sono del materiale che gratta, bisogna letteralmente strisciare nell'anfratto!
L'ultima lunghezza è un camino verticale di cinquanta metri, forte della tecnica appresa pochi metri sotto parto carico e senza quasi accorgermene raggiungo il sole in vetta!
Ancora una volta mi calo in sosta, smonto tutto e risalgo le corde recuperando il sacco.
Voglio arrivare a mettere i piedi per terra prima del buio così inizio subito la discesa. Alla terza doppia, perdo la retta via e finisco nell'impressionante imbuto del camino Cassin, senza pensarci due volte sfrutto due spuntoni e mi tiro fuori il più velocemente possibile dalle scariche!
L'arrivo sulla cengia mediana non è accogliente, zolle d'erba ghiacciate e dannatamente ripide mi separano dalle doppie dello zoccolo, con una mano impugno la picca e con l'altra afferro zolle d'erba il più grandi possibile sperando che tengano. Accendo la frontale quando inizio le calate dallo zoccolo, potrei aspettare ancora mezz'ora ma sono stanco e il fascio di luce mi aiuta a rimanere concentrato sulle cose da fare, non posso permettermi di sbagliare, non ora.
La discesa è una prova di resistenza fisica ma sopratutto mentale, sono stanco, è buio, le corde potrebbero incastrarsi in ogni momento e ogni volta recuperarle è una faticaccia. Non devo fare altro che ripetere il solito schema, far passare le corde, autobloccante, discensore, controllo generale, sganciare la longe, calarsi, recuperare. Ogni tanto a tirare le corde mi fanno male le braccia e vorrei farmi dare il cambio ma sono solo qui e non posso fare altro che continuare.
Sono qui per fare tutto da solo.
L'oscurità è calata da un pezzo ma ora non importa più, devo solo camminare nel bosco, posso finalmente mollare un po', ormai è fatta!
Sulla strada mi fermo in un pub, la birra sarebbe d'obbligo ma la gola prevale e bevo un litro di coca cola. Al bancone, di fianco a me, alcuni locals chiacchierano del più e del meno, vorrei che mi chiedessero da dove arrivo così potrei dire di aver passato due giorni spaziali sulla montagna sopra le loro case.

Forse vorrei semplicemente condividere la solitudine che ho provato in parete.

"Davanti ad una certa monotonia della vita quotidiana, unita all’imperante mito della sicurezza, un numero crescente di giovani cerca l’avventura per sfuggire all’angosciante banalità. Il quotidiano sempre ripetuto, senza possibilità di evadere nel sogno, uccide la personalità." 

Pierre Beghin


























mercoledì 26 dicembre 2012

Mello Storie

La mattina parto da Milano in direzione della Val di Mello, sembra esserci nuovo ghiaccio da salire... ottimo!
Tutto incomincia nel porto di mare del Rampik dove arriva anche Pietro e poco dopo ci raggiungono il Tambo e il Berna, da qui il cammino non è lungo, la nostra cascata si trova proprio di fronte al parcheggio della Valle.
La struttura è lo Scoglio del Demente dove scopriremo una via di roccia del Gigante, misteriosa e di sicuro ingaggio, Bau Bau Baby.
Partenza in placca, goulotte precaria poi un bel muro verticale con sorpresa mellica alla fine e poi siamo sotto al boulder di misto (fisico) che prosegue per una divertente fessura fin sotto all'ultimo salto (ancora da salire).


In giallo: Bau Bau Baby
In blu: la nuova cascata ancora da finire












La sera torno a Milano per festeggiare il compleanno di mia madre.
La mattina ritorno su, oggi a esplorare le varie "Cascate della Cucina" dove troviamo una bella colata e un'ostica fessura di misto!




Per fortuna questa sera riesco a rimanere e mi godo l'ospitalità del Rampik... mi sveglio quindi già in Valle, che bello! Decidiamo che è il giorno di andare a visitare Hollywood!
La tensione nell'aria viene rotta dall'Andrea che ci dona calma e sicurezza. Ghiaccio facile poi zolle d'erba incrostate più ripide portano alla facile ma bellissima rampa che dà accesso al... vuoto! Pietro inizia a prendere confidenza con la fessura poi decidiamo di scendere e tornare il giorno dopo, ci serve altro materiale e io devo essere alle sette a Milano per consegnare le pizze!


Hollywood (da finire)





 



La mattina ancora una volta viaggio verso la Valle, oggi siamo solo io e Pietro, il Rampik è impegnato ma ci scatterà una bella foto da sotto.
Dopo alcuni caffè e il "ritiro staffe" a casa del Dani, siamo pronti. Velocemente scaliamo il muro d'erba e la rampa poi Pietro riparte per la fessura... la progressione è in artificiale con "passi da bestemmia", ci sono tre spit perchè il tiro è liberabile, duro ma si salirà... 
Ora mi spetta una bastarda placca senza ghiaccio, la fessurina che speravamo di chiodare è cieca quindi dopo alcune acrobazie metto uno spit e torno in sosta. Anche in questo caso il tiro si scala con picche e ramponi ma serve qualche spit in più, non ne abbiamo abbastanza e con l'amaro in bocca scendiamo.
La linea di Hollywood secondo me è davvero spaziale, non vedo l'ora di tornare a finire l'opera e un giorno, chissà, liberarla!




Questa sera al Kundaluna c'è la Fine del Mondo, non voglio perdermela così rimango anche se la mattina devo essere a Milano...
D'altro canto se davvero dovesse succedere qualcosa voglio essere sicuro di non essermi perso niente, di aver vissuto il più possibile... è per questo che gli ultimi quattro giorni ho fatto innanz e in drè come se non ci fosse un domani! E ora che l'alba del giorno dopo è sorta e io sono ancora qui, il sapore di queste giornate passate a scalare, ravanare e festeggiare con gli amici nel mio posto preferito è ancora più forte.

Nel dubbio, osa. E ricorda che la possibilità di dubitare e la consapevolezza di poter scegliere, sono le uniche cose che ci differenziano dall'animale. 







domenica 16 dicembre 2012

Primo Raduno B.A.L.


B.A.L. sta per bocia alpinisti lombardi. 
Bocia ha un significato molto importante perché evidenzia il fatto che siamo giovani, un ritrovo di giovani organizzato da giovani per i giovani. 
Alpinisti ha un significato molto importante perché evidenzia il fatto che vogliamo scalare le montagne, non ci interessa uno scantinato pieno di prese di plastica, non ci basta arrampicare in falesia, le gare non fanno per noi. Avventura, rischio, ignoto, incertezza, ambizione, sofferenza. Vogliamo scalare montagne e più le pareti sono alte e difficili, più ci piace.
Lombardi è anche importante perché evidenzia il fatto che arriviamo da (quasi) tutta la Lombardia, non da una sola città, valle o provincia. Ci ritroviamo rompendo grosse barriere. Lombardi però vuole essere il primo grado di una scala aperta verso l'alto cioè verso italiani, europei...
Ho organizzato questo raduno con il Tito che ho conosciuto grazie al Paolo Panzeri, un "vecio" attivo nel reclutamento di giovani. 
Io di Milano e Tito di Bergamo abbiamo formato una giovane cordata e abbiamo fatto delle belle salite. Età, obiettivi, tempo, mentalità e tanti altri aspetti sono comuni in due giovani ed è bello avere la possibilità di condividere tutto questo.
Non voglio assolutamente criticare le cordate di età diverse che considero ugualmente importanti.
Quindi l'obiettivo del raduno è dare ai giovani la possibilità di incontrarsi.
Il maggior problema riscontrato da tutti è proprio quello di trovare il socio. 
Il nostro sistema nazionale (CAI) non appoggia il giovane alpinista.

Bene, dopo alcune settimane passate ad organizzare tutto (mica facile pensare al necessario per una quindicina di persone!) ci troviamo sotto una gran nevicata a risalire la condotta di Carona!
Voglio subito ringraziare i guardiani della diga che ci hanno gentilmente offerto un ottimo "campo base" senza il quale il raduno sarebbe stato davvero duro...
La minestra già ribolle nel pentolone e il "gruppo" inizia a prendere vita. L'idea per il giorno seguente è di creare cordate di estranei in modo che le conoscenze avvengano direttamente sul campo. Il Vallone di Sardegnana con il Pizzo del Becco e lo Spallone del Becco offrono tante vie di misto di media difficoltà e lunghezza dove giocare, l'ambiente e lo stile delle salite è decisamente alpinistico. Il gruppo parte e dopo un duro lavoro di battitura neve, inizia a distribuirsi sulle pareti e incominciano le "esperienze". Alcuni ribattono subito, alcuni tentano, alcuni non mollano, alcuni si uniscono, alcuni arrivano in cima, alcuni aprono nuove linee poi, chi prima chi dopo, tutti tornano al campo base. E' forse adesso, sorseggiando tè e sgranocchiando biscotti, il momento interessante, il momento in cui si ascoltano i racconti, i pareri e le critiche. Ognuno dice la sua (lo scopo del raduno sta avendo luogo), c'è chi torna a casa, chi si ferma per una porzione di ravioli e vino e poi scende, chi si trattiene e chi non vede l'ora di scalare ancora. La giornata è stata dura, il freddo e il vento tempestoso non hanno aiutato, le condizioni obbligavano ad una scalata non facile e spesso precaria ma ci siamo divertiti, è stata un'ottima giornata. Siamo riusciti a fare alpinismo. La seconda mattina siamo solo in cinque a lasciare il campo, risaliamo nuovamente verso le pareti e attacchiamo due linee nuove, anche oggi non ci conosciamo del tutto e ad ogni sosta la cordata prende sempre più forma. Torniamo giù, è ora di lasciare questo bellissimo posto. Passiamo per un caffè corretto dai guardiani, carichiamo i sacconi e via, chi con la frontale chi senza...

E' stata un'esperienza umana dove persone simili (ma tutte diverse), accomunate dalla stessa passione, si sono ritrovate per fare quello che più li piace, per fare quello che vogliono.

Per goderci a fondo la situazione e la nostra libertà decidiamo di continuare e il giorno seguente andiamo a Cornalba ad arrampicare!









 



























Da sinistra:
Becche al Becco
Fò di B.A.L. (con le due varianti di attacco)
e le altre due nuove vie ancora senza nome